Ricerca, 13 Gennaio 2019 da Repubblica.it

 
La Nidil-Cgil denuncia che solo in 100mila hanno un contratto. Tutti gli altri non hanno coperture previdenziali, né assicurative. Spesso sono pagati a voucher. E se le atlete hanno il diritto alla maternità non ce l’ha chi le allena. Verrà distribuito un questionario online per un’indagine approfondita in un settore in forte crescita, ma con pochi diritti

Molti, spesso mal pagati e senza garanzie. Sono i lavoratori dello sport, secondo un’indagine commissionata dalla Nidil-Cgil, che vuole dissipare la nebbia che avvolge un mondo, quello del lavoro sportivo, dove è occupato oltre un milione di persone a vario titolo. Ma solo centomila, questa la denuncia, avrebbe un contratto di lavoro degno di questo nome. Gente che lavora nelle palestre, nei centri sportivi, sui campi da tennis o nei campetti di calcio. La quasi totalità dei rapporti di lavoro in realtà sarebbero equiparati a quelli di co.co.co. di natura sportiva. Non solo. Il riconoscimento economico, corrisposto con la formula del compenso sportivo, 7.500 euro a ora, è esente da tutto. Con l’ultima legge di Bilancio è stato innalzato a 10mila. Pagabile anche con voucher. “Siamo in un’area – spiega Fabrizio Solari, segretario generale della Slc-Cgil – in cui è possibile fare reddito d’impresa anche grazie a una riduzione del costo del lavoro, al di fuori di qualsiasi regola. Bisogna porre un freno a una deriva pericolosa”. Questa la preoccupazione del sindacato.

Un’area priva di coperture previdenziali, nessuna forma di assistenza e copertura assicurativa, ma limitata al solo tesseramento alle federazioni sportive. E c’è di più. La resposabilità civile rimane in capo ai singoli, come dire che se un allievo si fa male, non si sa chi coprirà le spese non solo mediche, ma dell’incidente. E non va meglio con il capitolo formazione visto che nella maggioranza dei casi l’adeguamento e l’aggiornamento professionale è a carico dei singoli operatori dello sport. E la maternità, prevista per le atlete, non lo è per chi quelle atlete le allena. Un mondo oscuro e governato male. Questa è l’immagine che esce dalle indagini della Cgil sul mondo sportivo compreso quello dilettantistico. E per questo l’organizzazione ha deciso di sentire il parere di chi in quel mondo fatica. Con un questionario da complilare online dal titolo che non lascia dubbi “Per te lo sport è un lavoro?”.
Un’indagine che vuole far emergere un mondo che opera con rimborsi spese e diarie, senza alcuna tutela, anche relativa alla sicurezza e senza una prospettiva previdenziale. “Il questionario – spiega il segretario di Nidil-Cgil Claudio Treves – è il secondo passaggio che stiamo compiendo da un lato per conoscere questa realtà e dall’altro, per tentare di organizzare questi lavoratori. Parliamo di una quantità piuttosto rilevante di persone. Circa 100mila hanno un rapporto di lavoro, per lo più flessibile e precario, e intorno a loro ruotano circa un milione di volontari che spesso nascondono prestazioni che in realtà sono riconducibili a qualche forma di lavoro”. L’obiettivo è arrivare a un Libro bianco sui temi dello sport in generale, e in particolare per approfondire il mondo dello sport dilettantistico, amatoriale e sociale, di registrare gli avvenimenti e i mutamenti che si verificano nei rapporti di lavoro per cercare di dare impulso alle politiche attinenti la pratica sportiva”. Perché è vero che migliaia di giovani, ex atleti o laureati in scienze motorie o nei licei sportivi entrano nel mondo dello sport o per scelta professionale o come opzione lavorativa, ma poi finiscono per scontrarsi con le dinamiche di “un settore produttivo poco regolamentato in termini di tutele e diritti”. L’obiettio è risponedere a una domanda semplice “Chi sono i lavoratori dello sport oggi in Italia?”. Per poi confrontare ciò che ne emerge a quella che è la normativa, rivista anche alla luce delle modifiche introdotte nell’ultima Legge di Bilancio.