Focus, 19 Luglio 2019 da Sporteconomy.it

 

Fine dei giochi, almeno per il momento. Dallo scorso 14 luglio le società di calcio (ma in generale tutte le società sportive) non possono più offrire spazi sponsorizzativi/pubblicitari ad aziende di scommesse sportive.

L’articolo 9 della legge n.96/2018, fortemente voluta dal ministro del lavoro e dello sviluppo economico (MISE) e vicepremer Luigi Di Maio (capo politico del M5S), parla chiaro. Vieta, infatti, qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse, nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo. Centinaia di aziende del settore presenti in Italia, operanti sulla base di un rigido sistema concessorio, potranno muoversi, nel futuro, esclusivamente attraverso la rete “fisica” dei punti vendita e/o all’interno dei rispettivi siti internet ufficiali. Tutto il resto (pubblicità sui media, a partire dalla tv, e sponsorizzazioni) è vietato per legge dello Stato.

Questo semplice articolo manda in fumo circa 35 milioni di euro, solo considerando la prima divisione di calcio (Serie A), tra accordi sponsorizzativi e contratti pubblicitari all’interno degli stadi. E’ una perdita secca per il sistema tricolore. Difficilmente recuperabile con l’ingresso di nuove aziende (si è registrata, per esempio, una leggera crescita delle realtà internazionali del trading online).

In Serie B il marchio Unibet (Kindred group) ha lanciato una innovativa partnership con la cadetteria, sponsorizzando la parte retro delle maglie dei 19 club. Oltre a cià ha sviluppato progetti di “fan engagement” e di responsabilità sociale in concomitanza con le partite cloudella stagione.

Tra pochi giorni, pertanto, marchi su maglie o led e cartelloni fissi (inclusi i backdrop e i rotor presenti nei centri di allenamento) dovranno sparire completamente dal rettangolo di gioco. Un danno di visibilità, e in termini di immagine, soprattutto per quegli operatori stranieri, che hanno, di recente, ottenuto l’autorizzazione ad operare (da parte dello Stato) sul territorio nazionale.

Scommesse sportive: linfa vitale per i bilanci dei club

Nella scorsa stagione 15 club su 20 (Serie A) hanno attivato rapporti molto stretti con il mercato del betting. Con “qualifiche” commerciali sviluppate, in diverse forme, a bordocampo. L’obiettivo è crescere in notorietà e visibilità all’interno del bacino degli appassionati di calcio. Soltanto Bologna, Frosinone, Parma, Spal e Sassuolo hanno preferito non legarsi, in modo diretto, a brand di questo segmento (pur non rinunciando alle pubblicità visibili all’interno degli impianti).

Nell’ultima stagione otto società si sono legate, per esempio, al marchio Eurobet (società del gruppo Ladbrokes Coral, che ha firmato anche la parte “retro” della divisa del Chievo Verona). Sempre sulle divise di gioco, rispettivamente di Lazio e Torino, sono stati pubblicizzati i loghi internazionali di MarathonBet (colosso russo) e SportPesa (sul retro dei granata). Quest’anno infine c’è stata la novità di Betway, presente soltanto sulle maglie di allenamento dei giocatori della Roma.

Su questo tema “caldo” la Lega calcio, per molti mesi al lavoro con esponenti del Governo, non è riuscita però a modificare (prima della scadenza del prossimo 14 luglio) le norme del Decreto Dignità (poi convertito in legge), che rischiano di penalizzare gli affari sponsorizzativi delle squadre.

Come si è arrivati al blocco delle sponsorizzazioni sportive del betting

Questa situazione si è venuta a generare soprattutto dopo l’approvazione in Senato, lo scorso 7 agosto 2018, con 155 voti favorevoli, 125 voti contrari ed un astenuto (sotto la spinta dell’esecutivo giallo-verde), e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (n. 186 dell’11 agosto 2018) della legge n.96 del 9 agosto 2018, relativa alla “Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto legge 12 luglio 2018 n.87, recante disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese (provvedimento conosciuto come Decreto Dignità)”. Primo intervento varato, tra l’altro, dal Consiglio dei Ministri in questa XVIII legislatura.

Decreto Dignità: impatto negativo in generale sul mercato pubblicitario

Il 2019, per il mercato italiano degli investimenti pubblicitari, sarà “un anno statico ma cruciale. Ora stiamo facendo i giochi per il 2020. Sugli investimenti peserà anche lo stop alla pubblicità del gioco d’azzardo(si parla di minori introiti tra 100 ed i 150 milioni di euro, nda)”. Lo ha dichiarato il presidente dell’UPA (Utenti Pubblicità associati), Lorenzo Sassoli de Bianchi, a margine di UPA2019 (l’assemblea che riunisce il mondo della comunicazione e degli investitori pubblicitari).

Per quanto riguarda il 2019 i dati diffusi da UPA hanno confermato la tenuta del sistema televisivo, sceso sotto la soglia del 50% degli investimenti complessivi (45,4%), e l’ulteriore flessione di quotidiani (-10,8%) e periodici (-14,2%), che hanno perso, in termini di ricavi pubblicitari, oltre due terzi del valore rispetto, per esempio, soltanto alla stagione 2008.

Le piattaforme di ricerca, social e video hanno, invece, fatto registrare l’ennesimo anno di forte sviluppo (+9,8%) e oggi rappresentano il secondo aggregato per raccolta pubblicitaria dietro i broadcaster. I ricavi digitali degli editori tradizionali, inoltre, stanno crescendo dell’1,2%, compensando marginalmente la contrazione della raccolta in questo settore. Positivo anche l’andamento del sistema radiofonico (+2%, previsto a maggio).

di Marcel Vulpis  direttore agenzia Sporteconomy.it