Diritti Tv, 17 Gennaio 2020 da Sporteconomy.it
La “torta” dei diritti audiovisivi del football inglese ha superato il valore di 10,4 miliardi di euro. Un nuovo record ma anche un benchmark (un punto di riferimento) per le altre Leghe europee. E’ quanto incasserà complessivamente il sistema della English Premier League (EPL)dalla commercializzazione dei tv rights(nazionali e internazionali) per il periodo 2019/2022. E’ un campionato molto maturo a livello interno, con una proiezione sempre più forte all’estero. Il calcio britannico è ormai un prodotto da esportazione il crescente interesse delle aziende sponsor va proprio in questa direzione. La stragrande maggioranza dei marchi commerciali investono sulla “EPL”, perché si presenta come una vera e propria piattaforma mediatica per farsi conoscere in modo più diretto ed emozionante dai fan. Attraverso le immagini del calcio inglese, multinazionali del calibro di Yokohama, Fly Emirates, Chevrolet, Etihad airways o Acronis, solo per citarne alcune, entrano nelle case di milioni di appassionati di football in tutti e cinque i continenti. Gli analisti prevedono, tra l’altro, che, nella prossima negoziazione dei diritti tv della Premiership, per la prima volta, il valore dei diritti “esteri” supererà quello del mercato “domestico”.
Nel Regno Unito cresce il fenomeno della “pirateria”
Luci e ombre anche nel football britannico, però, soprattutto se si concentra l’attenzione sulle modalità di fruizione dell’evento sportivo da parte degli appassionati di calcio. Uno studio condotto in sinergia tra Finder.com (sito specializzato nel confronto di dati finanziari) e OnePoll (società di ricerche di mercato) ha svelato alcuni dati significativi riguardo al fenomeno della “pirateria” nel Regno Unito, con un particolare focus sulla prima divisione (la “English Premier League”).
Nel sondaggio il 9% degli intervistati, corrispondente a 4,5 milioni di britannici, ha ammesso di aver guardato almeno un match di Premier League avvalendosi di servizi streaming illegali negli ultimi 12 mesi.La ricerca, rappresentativa a livello nazionale, ha coinvolto un campione totale di 2mila persone intervistate in tutta la Gran Bretagna.
Nell’ultimo anno, l’81% dei britannici sostiene di aver utilizzato un abbonamento a servizi di streaming legali, mentre il 17% (circa un utente su sei) ha usufruito illegalmente sia di eventi sportivi che di intrattenimento, tra cui film e serie tv.
Lo studio condotto da Finder è solo l’ultimo di una serie di inequivocabili segnali circa la diffusa presenza di una “cultura” legata alla pirateria nel Regno Unito. Nei mesi scorsi diversi canali illeciti sono stati chiusi e i responsabili di alcuni di essi sono stati arrestati.
Tra gli utenti che utilizzano siti pirata il calcio è lo sport più visto con una percentuale del 24%, mentre il dato relativo allo sport in generale sale fino al 44%.
Un dato abbastanza preoccupante se si considera che Sky Sports, il principale partner per i diritti tv della Premier League, ha registrato una media di circa 2 milioni di visualizzazioni per gli eventi sportivi trasmessi la scorsa stagione.
Per quanto riguarda invece le fasce di età, dal report si evince come il fenomeno dello streaming illegale sia molto diffuso tra i più giovani. Gli utenti (di età compresa tra 25 e 34 anni) hanno infatti maggiori probabilità di fare uso di contenuti “pirata” legati al calcio inglese, con il 13% degli intervistati, in questa fascia d’età, che conferma di averlo fatto più di una volta. Dall’altro lato, solo il 4% delle persone, di età superiore ai 55 anni, ha dichiarato di aver agito illegalmente, confermandosi “meno propenso” a usare servizi in violazione delle norme di legge.
* di Marcel Vulpis direttore agenzia Sporteconomy.it